17 Gen Un caldo Natale per la sala parto del Saint Elizabeth di Arusha
Buone notizie dalla Tanzania, precisamente da Arusha, dove una nostra volontaria di Croce Rossa Italiana, ha prestato assistenza ostetrica all’ospedale diocesano Saint Elizabeth di Arusha.
Giulia, ostetrica e Infermiera Volontaria della Croce Rossa Italiana del Comitato di Treviso, è partita a luglio senza l’appoggio di alcuna organizzazione, chiedendo aiuto tramite raccolta fondi ad amici, conoscenti e non. Grazie alla generosità di tanti si è trovata a lavorare fianco a fianco alle ostetriche locali, nei pochi mezzi e risorse a disposizione.
“Non è stato per niente facile, ciò che vediamo in una sala parto italiana non ha niente a che vedere con ciò che ho vissuto lì. Si crede sempre di partire preparati alla miseria, alla sofferenza, alla morte. La verità è che non lo si è mai. Per me assistere alla morte di una neonata prematura di 28 settimane è stato straziante. É nata forte come un leone, piangendo, respirando. Ma i suoi piccoli polmoni non potevano farcela senza l’aiuto di un’incubatrice, senza l’aiuto di un respiratore. E così l’ho battezzata, le ho messo il nome Grace, e l’ho vista spirare così. In Italia sarebbe sopravvissuta. É davvero brutta l’impotenza. A questo non si è mai pronti.”
Grazie ai fondi raccolti é riuscita a finanziare la riparazione dell’isola neonatale per la sala operatoria.
“Quando sono arrivata in sala parto c’era un’unica isola neonatale, per tutti i bimbi. La sala operatoria invece non aveva che un tavolino, con una lampada. Sono allucinata quando l’ho vista perché la prima cosa da fare per la rianimazione neonatale è proprio mantenere la temperatura e queste creature invece dopo un cesareo si beccavano uno sbalzo termico di 17 gradi. C’era un’isola neonatale inizialmente, ma si era rotta e da anni si arrangiavano così. Le morti erano quasi all’ordine del giorno per i più svariati motivi, ma intervenire lì avrebbe voluto dire dare una grossa mano alle mie colleghe, che dire ostetriche era dir poco, dato che dovevano esercitare come medici ginecologi, ostetriche, Infermiere, neonatologhe e anestesiste.
La cosa che mi ha colpito di più è stato vedere la generosità delle persone in particolare della Croce Rossa e di tutti i soci: nelle sue tre componenti ha contribuito indistintamente a rendere possibile questo sogno, facendomi sentire orgogliosa dell’associazione di cui faccio parte. Un grande gesto di solidarietà che mi ha fatto sentire realmente parte di una grande famiglia.”
Alla fine, con tempi del tutto africani, dopo 3 mesi dal suo ritorno in patria, sono arrivate le tanto sperate foto dell’isola neonatale riparata.
Commenta così la fine della sua newsletter ai suoi benefattori: “con l’occasione vi auguro un Buon Natale, pensando a quel bimbo tutto fasciato, come Baby Jesus, e autorizzo tutti quanti ad avere un bel regalo di Natale, perché quest’anno una buona azione l’avete fatta e qualche vita l’avete salvata!”